Donna condannata a rimborsare l’ex che aveva pagato troppo per comprare l’appartamento e arredarlo
L’uomo aveva pagato più di cinquanta mila euro per l’appartamento intestato alla ex. Ora dovrà essere rimborsato per ingiustificato impoverimento anche se la donna convive con il figlio dei due.
Durante la loro relazione more uxorio, la coppia aveva comprato e restaurato un appartamento intestandolo a nome della donna che ne era, di fatto, diventata la proprietaria. L’uomo aveva partecipato alle spese con una somma di cento milioni di lire (€51.645,69). La relazione era finita però dopo pochi anni e così l’ex aveva richiesto la restituzione della cifra sborsata in quanto riteneva ingiustificato l’arricchimento della donna che avrebbe tratto profitto anche da un’eventuale vendita dell’immobile. Il primo grado di giudizio aveva deliberato in favore della donna, ma la sentenza d’Appello aveva ribaltato la situazione, condannandola a restituire la somma in quanto l’arricchimento “non trovava giustificazione nell’obbligazione naturale”.
Il fatto che nell’appartamento in questione la donna conviva con il figlio della coppia non ha avuto rilevanza per la decisione della Cassazione che ha convalidato la sentenza della Corte di Appello e ha rigettato il ricorso della donna condannandola a rimborsare l’ex compagno e a pagare le spese processuali.
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Alcuni spunti estratti dalla sentenza 21479/18 della Corte di Cassazione:
“[…] Il contributo economico offerto per l’acquisto, la ristrutturazione e l’arredamento della casa, avevano determinato un oggettivo arricchimento per la donna, unica titolare dell’immobile, la quale, pertanto, nell’ipotesi di vendita avrebbe tratto profitto dal conferimento effettuato dall’ex.
Tale arricchimento, tuttavia, non trovava giustificazione nell’obbligazione naturale perché l’attribuzione patrimoniale di lire 100.000.000 era stata effettuata nel contesto di una vita familiare in comune non connotata da particolare agiatezza e benessere, peraltro protrattasi per un periodo di tempo non lungo, sicché la dazione appariva “significativa” e, pertanto, estranea agli esborsi necessari alla condivisione della vita quotidiana.
Conseguentemente […] il mancato recupero dell’importo, una volta cessata la convivenza, configurava un ingiustificato impoverimento del solvente ed un ingiustificato arricchimento dell’accipiens che quale proprietaria dell’immobile continuava a fruirne e poteva liberamente disporne.
[…] In presenza di un simile quadro patrimoniale e sociale caratterizzante la convivenza delle parti, l’esborso sostenuto dal sig. A. è stato ritenuto estraneo a quelli resi necessari dalla condivisione della vita quotidiana, con la conseguenza che il mancato recupero di detta somma configurava l’ingiustizia dell’arricchimento da parte della S.”