Obblighi di fedeltà e diligenza del dipendente e salario minimo costituzionale | Avvocato Verona

La cassazione civile, alcuni tribunali e le corti d’appello si sono espressi in merito agli obblighi di fedeltà e diligenza del dipendente in tema di salario minimo costituzionale.

VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI FEDELTÀ E DILIGENZA DEL DIPENDENTE: SUSSITENZA DEL RISARCIMENTO DEL DANNO?

Con la sentenza n. 27940 del 04-10-2023, la Cassazione Civile stabilisce che la violazione degli obblighi di fedeltà e diligenza da parte di un dipendente comporta, oltre all’applicabilità di sanzioni disciplinari, anche l’insorgere del diritto al risarcimento dei danni e ciò tanto più nel caso del dirigente che è in rapporto di collaborazione fiduciaria con il datore di lavoro, del quale è un “alter ego”, occupando una posizione di particolare responsabilità, collocandosi al vertice dell’organizzazione aziendale e svolgendo mansioni tali da improntare la vita dell’azienda: l’esistenza di fatti accertati, anche se non censurati sotto il profilo disciplinare, può comunque determinare il diritto al risarcimento del danno provocato, poiché l’interesse perseguito dal datore di lavoro è costituito dal ripristino della situazione patrimoniale evidentemente lesa. In tale prospettiva la scelta di non far conseguire provvedimenti disciplinari è legittimamente assunta dal datore di lavoro che non valuti sanzionabile la condotta.

ILLEGITTIMA REITERAZIONE DI CONTRATTI A TERMINE NEL PUBBLICO IMPIEGO

In data 03-10-2023, la Cassazione Civile stabilisce che, in tema di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine, la successiva offerta di immissione in ruolo del lavoratore, che intervenga solo dopo che questo è stato assunto a tempo indeterminato da altra pubblica amministrazione e senza alcuna connessione con la successione dei contratti a termine, non è idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell’illecito e, pertanto, non esclude il diritto del lavoratore al risarcimento per equivalente pecuniario, nei termini in cui esso è riconosciuto dall’ordinamento.

CONDIZIONI DEL SALARIO MINIMO COSTITUZIONALE

Con la sentenza n. 27711 del 02-10-2023, la Cassazione Civile stabilisce che nell’attuazione dell’articolo 36 della Costituzione il giudice, in via preliminare, deve fare riferimento, quali parametri di commisurazione, alla retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può motivatamente discostarsi, anche ex officio, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall’articolo 36 della Costituzione, anche se il rinvio alla contrattazione collettiva applicabile al caso concreto sia contemplato in una legge, di cui il giudice è tenuto a dare un’interpretazione costituzionalmente orientata. Ai fini della determinazione del giusto salario minimo costituzionale il giudice può servirsi a fini parametrici del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe. Nell’opera di verifica della retribuzione minima adeguata ex articolo 36 della Costituzione il giudice, nell’ambito dei propri poteri ex articolo 2099 secondo comma Cc, può fare altresì riferimento, all’occorrenza, ad indicatori economici e statistici, anche secondo quanto suggerito dalla Direttiva Ue 2022/2041 del 19 ottobre 2022.

INADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI DI FORMAZIONE IN CONTRATTO DI APPRENDISTATO: CONSEGUENZE

Con la sentenza n. 168 del 22-09-2023, il Tribunale di Rovigo stabilisce che, in tema di contratto di apprendistato, l’inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza, con riconoscimento altresì delle relative differenze retributive.

DIVIETO DI INTERMEDIAZIONE E INTERPOSIZIONE NELLE PRESTAZIONI DI LAVORO

Con la sentenza n. 18455 del 28-06-2023, la Cassazione Civile stabilisce che, in tema d’interposizione nelle prestazioni di lavoro, l’utilizzazione, da parte dell’appaltatore, di capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante dà luogo ad una presunzione legale assoluta di sussistenza della fattispecie vietata dall’art. 1 della l. n. 1369 del 1960, solo quando detto conferimento di mezzi sia di rilevanza tale da rendere del tutto marginale ed accessorio l’apporto dell’appaltatore; la sussistenza o meno della modestia di tale apporto, e quindi la stessa reale autonomia dell’appaltatore, deve essere accertata in concreto dal giudice, alla stregua dell’oggetto e del contenuto intrinseco dell’appalto; con la conseguenza che – nonostante la fornitura di macchine ed attrezzature da parte dell’appaltante – l’anzidetta presunzione legale assoluta non è configurabile ove risulti un rilevante apporto dell’appaltatore, mediante il conferimento di capitale (diverso da quello impiegato in retribuzioni ed in genere per sostenere il costo del lavoro), “know how”, “software” o altri beni immateriali, aventi rilievo preminente nell’economia dell’appalto. A tal fine, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 276 del 2003, mentre in appalti che richiedono l’impiego di importanti mezzi o materiali, c.d. “pesanti”, il requisito dell’autonomia organizzativa deve essere calibrato se non sulla titolarità, quanto meno sull’organizzazione di questi mezzi, negli appalti c.d. “leggeri”, in cui l’attività si risolve prevalentemente o quasi esclusivamente nella prestazione di lavoro, è sufficiente che in capo all’appaltatore sussista una effettiva gestione dei propri dipendenti.

 

Lo studio legale Verona dell’avvocato Tommasini, specializzato in diritto del lavoro e dei lavoratori a Verona, fornisce consulenze legali e assistenza completa per vicende in ambito lavorativo.