Riabilitazione speciale per minorenne condannato

Il giudice che in un primo momento non accoglie l’istanza di riabilitazione del minore deve rimandare la decisione ad un tempo successivo

Un minorenne condannato per i reati di associazione di stampo mafioso e concorso in tentata estorsione ha richiesto al Tribunale dei minori la riabilitazione speciale prevista dall’art.24 del r.d.l. 1404 del 1934.

Il tribunale per i minorenni aveva respinto l’istanza portata avanti dal condannato e dal legale per ottenere la riabilitazione speciale prevista per i minorenni secondo il Regio Decreto Legge 1404 del 1934 poi convertito nella legge n. 835 del 1935. Per il giudice, infatti, sebbene il condannato avesse dimostrato di non avere più contatti con la criminalità organizzata e avesse preso parte ad un programma di riabilitazione e emancipazione dedicati a giovani di famiglie di ‘ndrangheta, “non erano ancora definitivi e palesi gli esiti di un percorso che richiederebbe un tempo maggiore […], tenuto conto della gravità dei reati commessi”.
Secondo i ricorrenti, però, il tribunale avrebbe mancato di acquisire una prova decisiva, non acquisendo l’ulteriore documentazione che il minorenne era disposto a produrre. Come espresso nell’art. 606 comma 1, lettera d del Codice di Procedura Penale: “d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell’istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall’articolo 495, comma 2”.
Questo motivo è stato trovato fondato dalla Cassazione, soprattutto nella constatazione che la legge per la riabilitazione del minore segue un favor legislativo, un particolare atteggiamento del giudice, a favore “di un esito conclusivo che consenta di riammettere i minori […] alle ordinarie attività della vita, tenuto conto dei concreti bisogni dei medesimi, con particolare riguardo allo specifico corso rieducativo e di recupero sociale”.
Inoltre lo stesso articolo 24 presente nel Regio Decreto 1404/34 prevede che se, in un primo momento, il giudice non trovasse come sufficienti le prove di emenda da parte del condannato minorenne, può rimandare la decisione, sempre entro il compimento del venticinquesimo anno di età da parte del condannato.
Proprio per questo, la Cassazione non ha trovato soddisfacenti le motivazioni presentate dal Tribunale dei minori che non lasciavano spazio ad una successiva valutazione dell’entità dell’emenda del minorenne. La sentenza è stata annullata e la Corte rinvia il giudizio al Tribunale per i minorenni per un nuovo giudizio.

Alcuni stralci dalla sentenza 9425-19
“4. Come dalla giurisprudenza di legittimità già precisato, l’istituto della riabilitazione speciale per i minorenni è improntato alla preminente esigenza di assicurare il pieno reinserimento nella società del riabilitando, attraverso la rimozione di ogni effetto pregiudizievole del precedente giudizio, non necessariamente costituito”.
“[…] Tale previsione risponde pienamente all’esigenza, più volte ribadita dalla giurisprudenza costituzionale, che il sistema di giustizia minorile sia caratterizzato da valutazioni su “prognosi particolarmente individualizzate, in funzione del recupero del minore deviante, che trova fondamento nell’ultimo comma dell’art. 31 della Costituzione”.