Un dirigente può essere ricollocato se risulta fonte di inefficienza
La Corte di Cassazione si è pronunciata durante un processo tra un ex comandante della Polizia Municipale e il Comune di appartenenza. Il lavoratore era stato sospeso dalle sue funzioni per 10 giorni a seguito di un provvedimento disciplinare e rimosso dal suo incarico; l’accusa del Comune nei confronti dell’uomo è di abuso edilizio e lesione dell’immagine della Pubblica Amministrazione, con conseguente decisione di trasferimento del dipendente. Il Tribunale di Napoli aveva respinto le richieste del lavoratore e confermato la decisione presa dal Comune. I legali dell’uomo hanno impugnato la sentenza e presentato ricorso presso la Corte di Cassazione con diverse motivazioni. In sostanza, attraverso tutte le motivazioni di appello alla sentenza, si è lamentata la falsa applicazione di diversi articoli di diritto del lavoro e la mancata considerazione del disagio provocato dal trasferimento, nonché la mancata verifica da parte del Tribunale di tutte le condizioni che hanno portato a tale avvenimento.
La Cassazione ha respinto tutti i motivi di appello, difendendo il giudizio della Corte Territoriale e condannando al risarcimento delle spese contrattuali il lavoratore ricorrente. La Cassazione ha stabilito che, qualora un dirigente dovesse essere ritenuto inefficiente, è legittimo da parte del datore di lavoro ricollocare il dipendente come meglio crede, a patto di rispettare i limiti della legge.
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“[…] Gli ulteriori profili di doglianza, formulati con riferimento all’accesso effettuato sui luoghi interessati dalle opere abusive, all’esito di detto accesso in ordine alla velocizzazione degli accertamenti, alla successiva sanatoria, all’esito dei procedimenti penali, sono inammissibili perché nel ricorso non è riprodotto, quanto meno dei passaggi significativi e rilevanti, il contenuto dei documenti ai quali si riferiscono le doglianze, e nemmeno risulta indicata la sede processuale della loro produzione. […]”.
Sentenza 21030/18 ottobre 2016