Licenziamenti disciplinari, dimissioni lavoratrici in gravidanza e compensazione TFR
La cassazione civile, alcuni tribunali e le corti d’appello si sono espressi riguardo a licenziamenti disciplinari, dimissioni per le lavoratrici in gravidanza e compensazione del TFR.
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER POSSESSO DI HASHISH DURANTE LA PAUSA PRANZO – SUSSISTE?
Con la sentenza n. 5599 del 23-02-2023, la Cassazione Civile stabilisce che è nullo il licenziamento disciplinare a carico del dipendente che viene sorpreso con uno spinello durante la pausa pranzo. E ciò a prescindere dai sospetti di spaccio e dal fatto che la notizia sia finita sui giornali: si tratta di una vicenda esterna all’azienda.
LELEGITTIMITÀ DEL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Con la sentenza n. 5614 del 23-02-2023, la Cassazione Civile stabilisce che deve ritenersi legittimo il licenziamento disciplinare inflitto al dipendente laddove l’addebito contestato si sostanzia nell’attribuzione di ben quarantaquattro irregolarità nell’evasione delle pratiche assegnate, dovendosi dare rilievo alla reiterazione di un comportamento, plausibilmente considerandola, in quanto posta in essere da un lavoratore da tempo addetto alla medesima incombenza, tale da pregiudicare l’affidamento del soggetto datore nell’esatto adempimento delle prestazioni future: ne consegue che sussistono gli estremi del «notevole inadempimento», che legittima il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA – MEDICO DELEGA SENZA CONTROLLO LO SPECIALIZZANDO
Con la sentenza n. 5468 del 22-02-2023, la Cassazione Civile stabilisce che rischia di essere licenziato per giusta causa il medico che delega alcune attività di corsia a uno specializzando senza esercitare i dovuti controlli. Tanto più se da questo comportamento deriva la morte del paziente.
DIMISSIONI LAVORATRICI IN MATERNITÀ – QUANDO PRESENTARLE?
Durante il periodo di gravidanza, durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento o al termine del periodo protetto?
Con la sentenza n. 5598 del 23-02-2023, la Cassazione Civile stabilisce che, in tema di dimissioni, ai sensi dell’articolo 55, comma 4, Dlgs 151/2002, una volta trascorso il periodo protetto è pur sempre necessaria la convalida da parte dei servizi ispettivi ministeriali per il prodursi della efficacia del negozio di recesso.
L’articolo 1 del decreto legislativo 368/01, nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla legge 92/2012, impone di specificare nel contratto le ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive che giustificano l’assunzione a tempo determinato e detto obbligo di specificazione non può essere soddisfatto per le fondazioni lirico-sinfoniche attraverso la sola indicazione dello spettacolo o dell’opera, non sufficiente, rispetto ad un’attività che si caratterizza per essere finalizzata alla produzione in ogni stagione di una serie di rappresentazioni, a rendere evidenti le ragioni oggettive del ricorso al rapporto a tempo determinato. Nei casi di rapporto a tempo determinato con clausola affetta da nullità l’instaurazione del rapporto a tempo indeterminato è impedita dalle norme imperative settoriali, vigenti al momento della stipulazione del contratto, che fanno divieto assoluto di assunzione a tempo indeterminato o subordinano l’assunzione stessa a specifiche condizioni oggettive e soggettive, fra le quali rientra il previo esperimento di procedure pubbliche concorsuali o selettive. In caso di reiterazione di contratti a tempo determinato, affetti da nullità perché stipulati in assenza di ragioni temporanee, ove la conversione sia impedita dalle norme settoriali richiamate al punto che precede, vigenti ratione temporis, le disposizioni di diritto interno, che assicurano il risarcimento in ogni ipotesi di responsabilità, vanno interpretate in conformità al canone dell’effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia e, pertanto, al lavoratore deve essere riconosciuto il risarcimento del danno con esonero dall’onere probatorio nei limiti previsti dall’articolo 32 della legge 183/10 (successivamente trasfuso nell’articolo 28 del decreto legislativo 81/2015), ferma restando la possibilità di ottenere il ristoro di pregiudizi ulteriori, diversi dalla mancata conversione, ove allegati e provati.
Cassazione civile, sentenza n. 5542 del 22-02-2023
DIFFERENZA TRA COMPENSAZIONE “PROPRIA” E “IMPROPRIA” DI UN CREDITO A TITOLO DI TFR
Nel caso di compensazione “propria”, ricorrente ogniqualvolta le reciproche ragioni di debito-credito nascono da distinti rapporti giuridici, opera il divieto previsto dall’art. 1246 n. 3 c.c. in relazione ai crediti impignorabili (cfr. Cass. civ. 26/10/2016 n. 21646), quale è appunto, in parte, il TFR, che difatti è pignorabile nella sola misura di un quinto ai sensi dell’art. 545 c.p.c. In tal caso la compensazione fra le due poste di dare e avere, può operare solamente nei limiti di un quinto. Nel caso di compensazione “impropria”, ovvero afferente crediti e debiti aventi origine da uno stesso rapporto, non opera il combinato disposto di cui agli artt. 1246 c.c. e 545 c.p.c., relativo alla compensazione propria, e dai quali deriva l’impignorabilità del TFR oltre il limite di un quinto e la conseguente impossibilità di opporre un controcredito in compensazione, oltre il predetto limite, a fronte di un credito a titolo di TFR.
Tribunale di Palermo, sentenza n. 392 del 09-02-2023
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