Licenziamento illegittimo: rigettati ricorsi per vizio di forma

Una causa per licenziamento legittimo si è risolta con l’annullamento, a causa di vizi di forma presenti nelle domande di ricorso. Inizialmente, un giudice del lavoro del Tribunale di Teramo aveva giudicato illegittimo l’allontanamento di un lavoratore, disponendo per un risarcimento di 18.000 euro. La Corte d’Appello degli Abruzzi – L’Aquila, in seguito, aveva parzialmente accolto il ricorso del datore di lavoro, che è arrivato in ultimo ad appellarsi alla Corte Costituzionale.
I legali dell’Istituto Professionale hanno evidenziato la contraddittorietà della sentenza emessa dal Tribunale, il quale non avrebbe tenuto conto del ciclo produttivo specifico che regola l’Istituto. In sostanza, il ricorrente lamenta un giudizio errato sulla gestione della produzione e dei dipendenti, che non si articolano in singole unità. È risultato dunque difficile per il datore di lavoro ricollocare il dipendente, che si è rivolto per questo alla Corte di Cassazione.
La Cassazione invece, ha valutato in modo positivo la scelta del giudice d’Appello, senza nessuna lacuna nell’analisi del materiale informativo.
I legali della lavoratrice, d’altro canto, hanno lamentato la sottrazione dei ricavi derivanti da lavoro autonomo, e, sostengono i legali, avrebbe dovuto essere sottratto dal risarcimento solo il ricavo netto. La lavoratrice aveva comunque dichiarato in appello di aver percepito il risarcimento riconosciutole.
La Cassazione ha rigettato anche questo ricorso, dal momento che, sotto giuramento, la donna aveva dichiarato di aver percepito il denaro, influenzando la decisione del giudice. Entrambe le parti hanno contestato il giudizio dei giudici d’Appello, dunque, ma entrambe le azioni sono state respinte.

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“[…] Si è, infatti, affermato (Cass. sez. lav. n. 19837 del 04/10/2004) che “agli effetti della tutela reintegrato ria del lavoratore ingiustamente licenziato, per unità produttiva deve intendersi non ogni sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto dell’impresa, ma soltanto la più consistente e vasta entità aziendale che eventualmente articolata in organismi minori, anche non ubicati tutti nel territorio del medesimo comune, si caratterizzi per condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica e amministrativa tali che in essa si esaurisca per intero il ciclo relativo ad una frazione o ad un momento essenziale dell’attività produttiva aziendale. Ne consegue che deve escludersi la configurabilità di un’unità produttiva in relazione alle articolazioni aziendali che, sebbene dotate di una certa autonomia amministrativa, siano destinate a scopi interamente strumentali o a funzioni ausiliarie sia rispetto ai generali fini dell’impresa, sia rispetto ad una frazione dell’attività produttiva della stessa, (per precedenti in senso conforme v. ad es. Cass. sez. lav. n. 11092 del 10/11/1997 e n. 9881 del 20/7/2001). […]”

Sentenza 27 settembre 2011/19715