Redditi nascosti: l’assegno raddoppia per l’ex marito scoperto dal detective

La pensione di €960,00 non era l’unica fonte di reddito dell’uomo. La relazione investigativa fa luce sui redditi e patrimoni nascosti portando all’aumento dell’assegno di mantenimento dei figli.

La coppia si era separata su richiesta della moglie che aveva ottenuto l’affidamento condiviso dei figli e un contributo di mantenimento di €350,00 mensili. In secondo grado di appello gli avvocati della donna avevano portato all’attenzione della Corte una relazione investigativa che provava il fatto che il reddito a disposizione dell’ex fosse maggiore della sola pensione dichiarata. Risultava, infatti, proprietario di diverse unità immobiliari e che avesse a disposizione una BMW. L’assegno di mantenimento è così raddoppiato passando da €350,00 complessivi a €350,00 per ciascuno dei due figli.

L’uomo si è appellato alla Cassazione ritenendo che la relazione investigativa prodotta dalla controparte fosse tardiva e quindi non utilizzabile per la decisione. La Corte di Cassazione ha però respinto il ricorso poiché, secondo l’orientamento consolidato dell’art. 6 comma 9 della legge 898 del 1970, i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e al contributo del loro mantenimento hanno una deroga sull’onere della prova per tanto tali provvedimenti devono essere ancorati ad una “adeguata verifica delle condizioni patrimoniali dei genitori e delle esigenze dei figli esperibile anche di ufficio”.

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Di seguito uno scorcio della sentenza della Corte di Cassazione 21178/18:
“[…] Il motivo di ricorso si appalesa infondato, in considerazione delle esigenze e finalità pubblicistiche di tutela degli interessi morali e materiali della prole, che sono sottratte all’iniziativa e alla disponibilità delle parti, ed in virtù delle quali è fatto sempre salvo il potere del giudice di adottare d’ufficio, in ogni grado del giudizio di merito, tutti i provvedimenti necessari per la migliore protezione dei figli.
[…] È orientamento consolidato […] quello secondo cui l’art. 6, comma 9, della legge n. 898 del 1970, in materia di separazione, disponendo che i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e al contributo del loro mantenimento ‘possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l’assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d’ufficio dal giudice’, opera una deroga alle regole generali sull’onere della prova, attribuendo al giudice poteri istruttori di ufficio per finalità di natura pubblicistica.
[…] i provvedimenti, da parte del giudice, devono essere ancorati ad una “adeguata verifica delle condizioni patrimoniali dei genitori e delle esigenze di vita dei figli esperibile anche di ufficio””.