La veranda sul terrazzo di copertura deve essere demolita se pregiudica il decoro e l’aspetto architettonico

Rigettato il ricorso della condomina: la sopra-elevazione costruita sul terrazzo di copertura va smantellata poiché altera l’aspetto architettonico dell’edificio.

Roma, gli inquilini di un condominio e gli utenti della circonvallazione attorno al nucleo abitativo in questione, riescono ad ottenere la demolizione della veranda che una condomina aveva costruito sul terrazzo di copertura. La veranda, costruita con superfici in vetro e sorretta da profili in alluminio anodizzato bianco, era stata definita “in evidente distonia con i ritmi architettonici dell’edificio” sia dal tribunale di Roma sia dalla Corte d’Appello e per questo condannata ad essere smantellata.

La ricorrente si era appellata alla Corte di Cassazione argomentando che i lavori compiuti non hanno pregiudicato la stabilità dell’edificio e aggiungendo il fatto che lo stabile avesse delle verande già dal 1969.
I primi due gradi di giudizio e la Cassazione hanno, però, posto l’attenzione sull’impatto estetico della costruzione. Infatti, il codice civile prevede che gli Art. 1120, comma 4 e Art. 1227, comma 3, siano complementari. Quindi, che non si possa costruire sopra l’ultimo piano di un edificio se la sopra-elevazione danneggia la tenuta statica dell’edificio e a loro volta, gli inquilini del condominio, possono impedire la costruzione della veranda se questa va a inficiare l’aspetto architettonico dell’edificio o il suo decoro, l’insieme delle linee e delle strutture architettoniche che donano all’edificio una sua determinata estetica e armonia uniforme.
La Cassazione ha per questo ritenuto legittime le sentenze precedenti rigettando il ricorso e condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Nella sentenza la Corte di Cassazione fa chiarezza sul fatto che l’impatto della sopra-elevazione va giudicato “in base alle caratteristiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale e verificando l’esistenza di un danno economico valutabile”.

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Di seguito un estratto della sentenza della Corte di Cassazione 22156/18:
“[…] Questa Corte ha anche affermato che le nozioni di aspetto architettonico ex art. 1127 c.c. e di decoro architettonico ex art. 1120 c.c., pur differenti sono strettamente complementari e non possono prescindere l’una dall’altra, sicché anche l’intervento edificatorio in sopra-elevazione deve rispettare lo stile del fabbricato senza recare una rilevante disarmonia al complesso preesistente.
[…]L’aspetto architettonico, cui si riferisce l’art. 1127, comma 3, c.c., quale limite alle sopra-elevazione sottende una nozione diversa da quella di decoro architettonico contemplata dagli art. 1120, comma 4, 1122, comma 1 e 1122-bis dovendo l’intervento edificatorio in sopra-elevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percettibile da qualunque osservatore.
[…] Perché si rilevi la tutela dell’aspetto architettonico di un fabbricato non occorre che l’edificio abbia un particolare pregio artistico, ma soltanto che questo sia dotato di una propria fisionomia, sicché la sopra-elevazione realizzata induca in chi guardi una chiara sensazione di disarmonia.”