La tossicodipendenza dei genitori non giustifica lo stato di adottabilità della figlia
La tossicodipendenza dei genitori e le relazioni negative dei servizi sociali non bastano per negare il diritto del minore ad avere una famiglia.
Bologna, il tribunale dei Minori e la Corte di Appello avevano deliberato l‘adottabilità della minore avendo riscontrato l’incapacità dei genitori di assolvere alle loro responsabilità. Le ragioni di questa scelta furono: la tossicodipendenza di entrambi, la frequentazione di coetanei con problemi simili e le precedenti difficoltà familiari della madre con i propri genitori.
La donna si è appellata alla Corte di Cassazione contestando la violazione e falsa applicazione dell’Art. 8 e Art. 7 della Convenzione di New York, e la violazione e falsa applicazione degli Art. 1 e Art. 30 della Costituzione, in quanto lo stato di adottabilità della minore era stato dichiarato “in mancanza di presupporti legali per ravvisare l’esistenza di uno stato di abbandono”.
La Corte di Cassazione ha accolto questi motivi cassando la sentenza impugnata e ha rinviato alla Corte di Appello di Bologna per un nuovo esame sullo stato di abbandono morale e materiale della minore.
La Cassazione ha precisato come la dichiarazione di adottabilità sia un’ingerenza del diritto al rispetto della vita famigliare e quindi adottata solo nei casi indispensabili, quando i genitori “si sono dimostrati particolarmente indegni” e in rispetto alle delibere della Corte Europea dei Diritti dell’uomo.
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Un estratto della sentenza 20954/18 della Corte di Cassazione:
“[…] Ai sensi dell’Art. 8, comma 1, della legge n. 184 del 1983 Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.
[…] La dichiarazione di adottabilità dei minori costituisce un’ingerenza nell’esercizio del diritto al rispetto della vita familiare, la quale è compatibile con l’art. 8 [della Convenzione di New York] solo se soddisfa le condizioni cumulative di essere prevista dalla legge, di perseguire uno scopo legittimo e di essere necessaria in una società democratica.
[…] La Corte Edu esige, dunque, che le misure che conducono alla rottura dei legami tra un minore e la sua famiglia siano applicate solo in circostanze eccezionali allorquando i genitori si siano dimostrati particolarmente indegno, o quando siano giustificate da un’esigenza primaria che riguarda l’interesse superiore del minore, non essendo il fine dell’adozione quello di individuare ad ogni costo una famiglia migliore
[…] La Corte Costituzionale ha già da tempo affermato che la “garanzia della convivenza del nucleo familiare si radica nelle norme costituzionali che assicurano protezione alla famiglia e, in particolare, nell’ambito di questa, ai figli minori”, e che “il diritto e il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, e perciò di tenerli con sé, ed il diritto dei genitori e dei figli minori ad una vita comune nel segno dell’unità della famiglia, sono diritti fondamentali della persona”.