Assegno di mantenimento raddoppiato per l’ex più agiato che occupa l’abitazione familiare
Finchè non abbandona la casa familiare il marito è costretto a versare un assegno di mantenimento doppio in favore della moglie in difficoltà economica
In sede di pronuncia di separazione coniugale, il Tribunale di Como ha decretato l’obbligo dell’ex marito di versare in favore della moglie un contributo di mantenimento raddoppiato. L’uomo era rimasto ad abitare nella casa familiare, di comproprietà dei coniugi. L’assegnazione dell’immobile sarebbe stata subordinata alla presenza di figli minori o non economicamente indipendenti; in questo caso invece la prole era già maggiorenne ed autosufficiente.
I criteri per la determinazione dell’assegno di mantenimento seguiti dai giudici sono stati non solo i redditi degli ex coniugi, ma anche le circostanze. Anche se il bene immobile non potrebbe essere assegnato come parte delle misure assistenziali in favore del coniuge più debole, esso ha comunque un valore economico. Questo ha avuto un peso nella decisione del Tibunale di Como, che ha così deciso di regolare i rapporti economici tra le parti obbligando l’ex marito a versare un contributo mensile raddoppiato in favore della moglie, fintanto che continui ad occupare la casa familiare in comproprietà.
L’avvocato Tommasini, col suo Studio Legale CTSA a Verona, è esperto in Diritto di Famiglia e può aiutarti in caso di contenziosi riguardanti separazioni, divorzi, assegni di mantenimento e affidamento.
Qui uno stralcio della sentenza n. 118681 del 27/04/2016:
“[…] Devesi però rilevare che la fruizione in via esclusiva della suddetta abitazione, da parte di uno soltanto dei coniugi, una volta cessata la convivenza coniugale, riveste indubbio rilievo economico talchè detta circostanza va tenuta in particolare considerazione ai fini della indagine sullo assetto economico familiare, tanto più allorchè, come nel caso di specie, si avvantaggia nvia di fatto dello immobile proprio il coniuge economicamente più favorito, ovvero il convenuto, pur non avendo egli titolo prioritario ai fini dell’assegnazione, per i motivi di cui sopra. […]
nè va trascurato il fatto che , ove si prescindesse da detto fattore ai fini della liquidazione dello assegno, si rischierebbe di protrarre a tempo indefinito la situazione di vantaggio di un coniuge in danno dell’altro rispetto alla fruizione dello immobile di comproprietà, potendo l’uno non avere interesse ad addivenire alla divisione del cespite (mediante vendita a terzi, acquisto della quota, o divisione giudiziale) e l’altro non avere la possibilità economica per fare ciò; […]”.