Invalidità ridotta nel tempo: annullata la condanna per l’onerato che non versa l’assegno di mantenimento
Accolto il ricorso dell’imputato che ha violato gli obblighi di assistenza familiare. La sua invalidità, sebbene ridotta, non era stata valutata nel giudizio sulla sua capacità di produrre reddito.
Sia il Tribunale ordinario che la Corte di Appello di Catania avevano condannato un uomo a 5 mesi di reclusione per aver violato gli obblighi di assistenza familiare e non aver versato l’assegno di mantenimento. L’imputato ha quindi fatto ricorso: ha richiesto l’annullamento della sentenza invocando il principio del ne bis in idem, essendo stato giudicato due volte nella stessa maniera e su iniziativa del medesimo ufficio del PM. Il ricorso è stato accolto dalla Corte di Cassazione, che per questo motivo ha annullato l’azione penale contro il richiedente.
Altro motivo di irregolarità della sentenza della Corte d’Appello è stato il riesaminare le prove relative all’invalidità dell’uomo. La documentazione, che testimoniava la riduzione dello stato di invalidità del soggetto (dal 75 al 46% in 3 anni), era stata giudicata irrilevante ai fini del giudizio. Ma la Cassazione ha preso atto di quanto invece l’inabilità dell’uomo incidesse sulla valutazione della sua capacità lavorativa e, quindi, economica. La certificazione dello stato di invalidità dell’imputato dovrà perciò essere riesaminata dalla sezione della Corte d’Appello a cui gli atti sono stati trasmessi per un nuovo giudizio. Infatti la precedente sentenza non aveva valutato come rilevante la documentazione fornita dalla difesa, evitando così di prendere in considerazione un elemento chiave per la definizione della possibilità del soggetto di assolvere gli oneri a suo carico. Lo stato di invalidità dell’imputato, sebbene inferiore rispetto a tre anni prima, otterrà così una valutazione in Corte d’Appello.
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Qui un estratto dalla sentenza della Cassazione n. 53961 del 20/12/2016:
“[…] Con riferimento in particolare al suo certificato stato di invalidità, la Corte d’appello ha ritenuto irrilevante la documentazionea tal fine prodotta dalla difesa in quanto, a parte la sua risalenza nel tempo, <in tre anni l’invlidità era diminuita dal 75% al 46%> ed era prevista una revisione da condurre entro il termine di dodici mesi, ondè che non essendo stata prodotta documentazione espressamente riferita a detta revisione, tutta la questione appariva irrilevante ai fini del giudizio.
Il Collegio osserva che, anche a tener fermi i rilievi circa la riduzione del grado percentuale dell’invalidità da cui l’imputato era affetto, è manifestamente illogico affermare l’irrilevanza delle relative vicende ove le stesse non vengano poste in relazione alla capacità lavorativa del soggetto, alla conseguente sua attitudine a produrre reddito sufficiente e in definitiva alla possibilità di esigerne l’assolvimento in concreto degli oneri a suo carico, tutti aspetti per nulla affrontati dalla decisione impugnata e che meritano una valutazione di fatto omessa.[…]”.